Storytelling o Storylistening, ovvero quando il marketing incontra la narrazione
Una comunicazione efficace, oggi, non deve avere come unico obiettivo informare o intrattenere il pubblico, poiché non vi è più alcuna certezza circa la risposta in termini di consumi che esso darà. Cercare di coinvolgere chi ascolta per influenzarne pensiero, percezione della realtà e comportamento è diventato l’aspetto più importante. Veicolare dei messaggi che abbiano uno stile narrativo, permette di raggiungere le persone in modo più diretto avendo più possibilità di cambiare il loro modo di agire.
Nel settore medico-farmaceutico gli effetti possono essere ancora più importanti.
Il termine storytelling viene associato, nel marketing, ad un salto di qualità che dovrebbe fare la comunicazione aziendale nello sviluppare una “capacità di raccontare storie”. Associare dei racconti al proprio prodotto significa utilizzare un mezzo in grado di incuriosire il pubblico e indirizzare le sue scelte di acquisto.
A onor del vero, questa parola, oggi, è fin troppo usata (se non addirittura abusata) per identificare tentativi più o meno riusciti di utilizzare lo strumento narrativo, lasciando alla sensibilità dei singoli marketer la possibilità che le campagne abbiano anche un ruolo educativo come nella visione più autentica. Questa non è la sede dove aprire un dibattito sul merito dei nomi o degli errori, il nostro scopo rimane quello di andare all’origine di uno stile comunicativo per capirne il meccanismo e come metterlo in pratica.
La dinamica è, in realtà, molto semplice. Si basa sul fatto che la struttura di un racconto, dal punto di vista narrativo, si compone di un inizio, uno svolgimento in cui si raggiunge un climax e una conclusione (come illustrato nello schema sottostante preso dal post su Wikihow – How to Tell a Story).
La narrazione, sia essa fatta di parole o di numeri, di suoni o d’immagini, dovrebbe diventare un viaggio nella mente di chi riceve l’informazione che permetta all’interlocutore di aprirsi all’ascolto. La scelta di situazioni, personaggi e testi, consentirà l’inserimento di messaggi legati alla tradizione/storia dell’azienda o alla qualità del prodotto, ottenendo un contenuto piacevole e comprensibile.
Scienziati come Daniel Kahneman e Jonathan Gottschall ci aiutano a comprendere che noi esseri umani siamo in grado di capire il mondo e l’informazione che ci circonda sotto forma di storie. Il nostro pensiero è strutturato come una narrativa continua in cui mettiamo in relazione cause ed effetti.
Pensiamo in storie, comprendiamo attraverso di esse tanto da poter dire che sono parte del nostro DNA.
Narrare bene una storia può fare la differenza tra non comunicare e riuscire a coinvolgere le persone. A tal fine, ciò che si comunica e come lo si fa devono essere dotati di una forte componente emotiva.
Appare chiaro, infatti, come la persuasione del cliente debba passare attraverso la ricerca di una sua sempre maggiore immedesimazione nello spot, slogan o altra azione promozionale.
Lo storytelling, quindi, emerge come potente strumento di comunicazione in grado di creare un messaggio promozionale che diventa una forma di cultura e di riscoperta consapevole di luoghi e avvenimenti del passato dei quali non eravamo o conoscenza o troppo presto ci eravamo dimenticati.
Con lo spostamento online del baricentro dell’informazione e l’aumento della coscienza riguardo alle potenzialità delle narrazioni, sempre più giornalisti, divulgatori e creativi scelgono di non rappresentare in modo distaccato e freddo la realtà che li circonda e vestono i panni di storyteller per fare della cronaca un racconto.
”Nessuna storia vive a meno che qualcuno non voglia ascoltarla”, dice JK Rowling, e la sua affermazione ci consente di riflettere sul fatto che esista un altro aspetto importante del processo comunicativo, lo storylistening. Questo termine si riferisce all’orecchio interiore ed esteriore che ci offre chi ci ascolta. Senza chi ascolta, una storia non ha né senso né prende vita per cui, occhio a non perderlo!
In ambito salute sappiamo bene quanto sia difficoltoso comunicare. Gli esseri umani hanno la tendenza a far coincidere la percezione che hanno delle informazioni ricevute con la risposta di cui hanno istintivamente bisogno.
Il settore farmaceutico (da banco), da sempre mostra investimenti importanti e risultati creativi tanto memorabili quanto discutibili.
Partendo dall’ascolto delle persone, le aziende si dovrebbero occupare di spiegare come risolvere i problemi di salute di cui si parla sul web. Prendere coscienza di un bisogno del consumatore lo porterà a condividere contenuti legati al brand con una crescita della sua notorietà e un rafforzamento del suo posizionamento.
Di seguito vi propongo alcune soluzioni tecnologiche per la creazione delle nostre storie sul web:
- StoryTelling, soluzione di The Box Company integrata alla già disponibile piattaforma DMM. Si tratta di un web editor tra i più facili e redditizi poiché consente la creazione, gestione e pubblicazione di Landing Page Mobile coinvolgenti e dal tasso di conversione alto (misurabile grazie al Mobile Analytics).
- Adobe Slate, App gratuita che rende possibile creare una pagina web dove raccontare una storia corredata di foto e disegni, agendo sul font e inserendo, chiaramente, del testo. Come era lecito aspettarsi da un programma di casa Adobe, le animazioni e gli effetti grafici sono di qualità elevata anche se non si è dei programmatori navigati. Al termine del proprio lavoro la creazione di un link permetterà di condividerla o integrarla in altri siti.
Nel caso siate molto interessati e vogliate sperimentare altri esempi di applicativi, di seguito vi propongo un elenco più ampio di strumenti che vi saranno utili se vorrete inserire elementi di storytelling nella vostra strategia marketing: Storify, Steller, Spundge, Pixotale, Hyperlapse, Vine/Vinekids, BuzzTale, StoryBoard, StoryBird, Cityteller, MyStory, Seejay, Contently, Maptia, Edgar, Storybyte, Narrato, Rove, HeyDay, Friday, Chronos e Simplenote.
Vanni Vischi
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