La transizione digitale in medicina rivoluziona il processo di sperimentazione di farmaci e terapie creando protocolli sempre più a misura di paziente

COS’È UN TRIAL CLINICO? CLASSIFICAZIONE E FASI
Per capire in cosa consista un trial clinico decentralizzato, occorre per prima cosa avere un’idea chiara di come funzioni un trial standard. Stiamo parlando di protocolli sperimentali – di farmaci, o di terapie – che si testano su un campione selezionato di volontari, i quali firmano un consenso informato dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie a capire a cosa vanno incontro. Non si tratta di “cavie”, bensì di persone che accettano di partecipare ad una sperimentazione medico-farmacologica perché hanno le caratteristiche ideali per essere sottoposte ad un certo tipo di terapia o condizioni meritevoli di attenzione e di valutazione nel tempo. I trial clinici non sono tutti uguali, ma possono essere suddivisi in due macro categorie:
1. Osservazionali, utili a ricavare informazioni sulle cause ambientali e/o lo stile di vita che predispongono o inibiscono certe malattie o condizioni, osservando nella quotidianità Il campione selezionato.
2. Sperimentali – di cui trattiamo in questo approfondimento – necessari per approvare principi attivi farmacologici che verranno poi distribuiti su larga scala sotto forma (per lo più) di farmaci brevettati.
I trial clinici sperimentali si effettuano in quattro step. Prima fase (di sicurezza): si seleziona un piccolo gruppo di partecipanti adulti (tra 20 e 80 anni), in salute, e si somministra la prima formula del farmaco/prodotto terapeutico per capire se è privo di rischi ed aggiustare gli eventuali effetti collaterali. Seconda fase (di attività): si apre la sperimentazione ad un gruppo più vasto di partecipanti (100-300), con le stesse caratteristiche del primo gruppo, e si continua a testare la non pericolosità del farmaco e ad aggiustare gli effetti collaterali. Si tratta di una fase che può durare diversi anni, e che risulta fondamentale per aprire la sperimentazione alla fase successiva, la terza, in cui viene arruolato un campione di persone con il tipo di problema/patologia per cui il farmaco/terapia sono stati studiati. Il terzo passaggio di un trial clinico (di efficacia) vede quindi coinvolta una fascia ben più ampia di partecipanti (fino a qualche migliaio), e serve per perfezionare la formula del farmaco ai fini dell’approvazione da parte dell’ente preposto. In Italia, ad esempio, questo compito spetta all’AIFA, ma se parliamo di una sperimentazione internazionale entrano in scena organismi della Commissione europea, o degli USA (FDA) e altri ancora. La quarta e ultima fase del trial arriva infatti dopo questo necessario iter burocratico perché il farmaco/prodotto terapeutico vengono immesse in commercio e somministrato su larga scala. Ancora, però, siamo in un passaggio delicato, perché si tratta del primo vero test allargato che deve essere attentamente monitorato attraverso la farmacovigilanza. Effetti a lungo termine, infatti, possono evidenziarsi solo dopo anni, e su fasce ampie ed eterogenee di persone.

CHI PUÒ PARTECIPARE AI TRIAL CLINICI?

Dipende da cosa, e da come, si sperimenta. Nei trial clinici randomizzati, che servono per validare una terapia farmacologica, sono i medici specialisti che fanno una ricerca e individuano persone adeguate ad entrare nelle diverse fasi. Si suddividono poi in due o più gruppi, dei quali uno è sempre “di controllo”, ovvero non assume il principio farmacologico, ma un placebo. Un trial può essere randomizzato singolo, a doppio o triplo cieco. In quest’ultimo caso né i pazienti, né i ricercatori, né gli analisti sanno chi effettivamente sta assumendo il medicinale, e chi il placebo. Questo garantisce valutazioni libere da condizionamenti di alcun genere. La scelta del giusto campione di partecipanti in fase preliminare è particolarmente importante per la riuscita del trial, e può essere più o meno selettiva e ristretta. In ogni caso, nessuno viene pagato o fatto partecipare a sua insaputa! Il protocollo di sicurezza è rigidissimo. Nei trial sperimentali standard, specie randomizzati, il controllo delle reazioni dei pazienti all’assunzione dei farmaco o del placebo, e le modifiche nelle dosi e nella posologia in corso d’opera vengono effettuate nelle strutture sanitarie e coinvolgono direttamente il personale medico. I partecipanti compilano dei questionari preformati, ma si recano fisicamente nei Centri di riferimento per essere regolarmente monitorati anche nei loro parametri biologici. Ciò comporta un impegno non indifferente e un’” intrusione” nella quotidianità. E implica anche la necessità di un facile accesso ai Centri di riferimento. I trial clinici da remoto, decentralizzati, rappresentano oggi l’evoluzione 2.0 delle sperimentazioni cliniche, perché possono contare sui sistemi di gestione virtuale dei pazienti attraverso la tecnologia digitale che allarga in modo estremamente vantaggioso (per la ricerca), il bacino dei potenziali partecipanti. Allo stesso tempo, semplifica e alleggerisce l’impegno dei pazienti.

TRIAL CLINICO DECENTRALIZZATO (DCT): DEFINIZIONE E VANTAGGI
La definizione di Decentralized Clinical Trial (DCT) più recente (2020) la dobbiamo a FDA (Federal Administration Drug, Agenzia del farmaco USA) e MHRA (Medicines and healthcare products Regulatory Agency, Agenzia del farmaco UK). I DTC sono dunque studi clinici che:
“Attraverso l’uso di telemedicina, digital health tools e altri dispositivi e strumenti informatici possono realizzare alcune o tutte le procedure cliniche in aree distanti rispetto alla sede dello studio e integrare gli ecosistemi sanitari e l’equipaggiamento medico già a disposizione del paziente per agevolare la sua partecipazione al trial stesso”.
In generale, così come precisato anche dalla normativa europea e italiana sulle applicazioni della telemedicina e dei servizi di e-Care, lo scopo principale degli studi clinici da remoto e decentralizzati è quella di porre il paziente al centro del trial, facilitando al massimo la sua partecipazione e, allo stesso tempo, ammortizzando i costi che questo tipo di sperimentazione comporta. La decentralizzazione del trial deve, quindi, permettere il raggiungimento di risultati specifici che sono:
• Aumentare il numero dei potenziali partecipanti ad ogni singolo trial e raccogliere da ciascuno una maggiore quantità di dati utili in tempi decisamente inferiori
• Ridurre al minimo i disagi e i rischi sanitari che la partecipazione al trial comportano per i pazienti (e i loro eventuali caregiver) evitando loro continui spostamenti verso i Centri medici
• Migliorare l’adesione del paziente alle procedure del trial (compliance) e il livello di sicurezza delle stesse
• Condividere facilmente i dati ricavati dallo studio sperimentale usando piattaforme interattive e i sistemi analytics
In quest’ottica lo scopo della tecnologia digitale applicata al DCT, sia quella resa disponibile per ciascun trial – come le piattaforme interattive dedicate – che la dotazione personale del paziente, è quello di arrivare a che:
• Il reclutamento, la somministrazione del consenso informato e la permanenza allo studio avvengano totalmente o in parte (trial ibrido) da remoto
• La raccolta dei dati – clinici, biologici, ambientali, autoriferiti (outocomes, ovvero tramite autovalutazione del paziente) – si attui usando il telemonitoraggio, la televisita, la teleassistenza e gli ePROs
• E infine l’analisi dei dati raccolti sfrutti gli algoritmi dei software di AI (intelligenza artificiale) per una disamina comparativa quanto più accurata e rapida possibile, nonché facilmente condivisibile nei RWD (Real World Data)

I TRIAL CLINICI DECENTRALIZZATI POST PANDEMIA DA COVID-19 IN ITALIA
Se telemedicina e tecnologia digitale erano inclusi nell’agenda del governo come strumenti necessari all’evoluzione del SSN, dopo il 2020 le cose hanno subito un’accelerazione tutto sommato vantaggiosa se vista in prospettiva. La pandemia da Covid-19 ha limitato in modo drastico il libero accesso ai luoghi di cura, e quindi alla sperimentazione tradizionale dei farmaci e delle terapie nei trial. Inclusa, naturalmente, quella per i vaccini anti coronavirus. Per tale ragione è stato necessario procedere rapidamente ad una informatizzazione delle sperimentazioni. Un recentissimo report promosso dal Centro nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie assistenziali del SSN e da Farmindustria ha effettuato un’indagine accurata sui DCT in Italia, focalizzandosi sull’impostazione paziente-centrico degli studi clinici da remoto, sulla metodologia da usare e sui requisiti necessari, nonché sulle best practice. Vediamo qualche dato ricavato dalle indagini relative ai DTC nel contesto italiano, effettuate nei mesi di aprile-maggio del 2021 con il coinvolgimento di 25 aziende del farmaco per un totale di 650 studi clinici:
• e-Recruitment (Reclutamento elettronico dei partecipanti): molto limitata (solo il 3% delle aziende l’ha usato). Da migliorare: sicurezza e protezione dei dati sensibili e della privacy
• Consenso informato elettronico e firma digitale: limitata. Da migliorare la comunicazione delle aziende con il Comitato etico e la mancanza di linee guida chiare e uniformi
• Assistenza domiciliare da remoto (home health care), di tipo infermieristico. È stata attivata dal 32% delle aziende. Anche in questo caso, a mancare sono linee guida univoche e chiare, ma il servizio è stato assai apprezzato dai pazienti.
• Telemedicina, ePROs e supporti digitali indossabili: un certo successo (il 32% delle aziende ha usato questi strumenti telematici e digitali), ma – come per le altre voci – sono emerse criticità legate a linee guida poco trasparenti e disomogenee.
Se, quindi, appare lampante come la transizione digitale nell’healthcare system possa e debba includere anche le modalità di attuazione dei trial clinici e la condivisione dei dati raccolti e analizzati, emergono con altrettanta chiarezza i limiti strutturali e di know-how ancora persistenti in Italia. Linee guida da parte dei comitati etici, miglioramento della rete e del sistema IoMT (Internet of Medical Things), coinvolgimento di tecnici e sviluppatori informatici specializzati e formazione del personale medico, sono tutti settori da potenziare. Il PNRR devolve un budget importante all’innovazione e alla ricerca in campo medico puntando proprio sui servizi e sugli strumenti digitali, di cui si dovrebbero vedere frutti maturi proprio a cavallo tra il 2022 e il 2025.

 

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