Digital Health 2018: l’evoluzione digitale della relazione nel mondo della salute
Il futuro è già qui, ma si sta ancora organizzando.
Correva l’anno 2006 e «Time» incoronò persona dell’anno «You»: «You control the Information Age. Welcome to your world» si leggeva in copertina. Ma è davvero cosi? Siamo veramente noi a controllare l’informazione grazie alla rete? O è il web che sta mutando antropologicamente l’essere umano. A ben vedere, il «rumore di fondo» ha preso il sopravvento, disorienta i cittadini e ne influenza le decisioni. Vaccinare i propri figli, iniziare una terapia medica, fidarsi della scienza o lasciare che si insinui il dubbio, mettendo in discussione certezze ormai acquisite? E anche la relazione tra le aziende Pharma e i suoi stakeholder pare non sfuggire a queste nuove regole. L’industria farmaceutica sta rapidamente facendo i conti con la tecnologia digitale a tutto campo (vedi: la proliferazione delle strategie multicanale o – ancora – il consolidamento del ruolo del Multichannel marketing all’interno delle aziende Pharma vs vecchio organigramma stile Product Manager centrico) e le risposte a questi nuovi scenari sembrano dover passare necessariamente per una “evoluzione del relazione” che non è azzardato definire come una rivoluzione antropologica.
Questi che seguono sono alcuni degli ambiti che già hanno evidenziato delle trasformazioni e che rappresentano – a tutti gli effetti – delle opportunità per il settore farmaceutico. Come Editori specializzati in area salute ed Agenzia di comunicazione, negli ultimi anni stiamo lavorando al fianco dei nostri clienti Pharma in questi ambiti tramite lo sviluppo di piattaforme tecnologiche e sistemi avanzati di distribuzione del contenuto.
1. Dispensare servizi, non solo farmaci
Mentre risulta ovvio che i farmaci siano cruciali nel trattamento e il management di molte condizioni e patologie, c’è ancora molto da esplorare nella relazione tra il paziente e il medico. In particolare, c’è molto da fare in ambito comportamentale. Quali consigli può dare oggi il medico al suo paziente per incentivarlo ad attuare un corretto stile di vita e quali sono le leve contemporanee da utilizzare per sostenerlo emotivamente all’inizio o nel corso di una terapia? Le aziende farmaceutiche sono da sempre impegnate nella fornitura di materiali informativi destinati al paziente o ai caregivers (pensiamo ai leaflet per la sala d’attesa), ma la tecnologia digitale, oggi, consente un approccio su scala molto più ampia. Le app che aiutano a monitorare i sintomi o ricordano le posologie dei farmaci sono già un esempio di coaching giornaliero di cui i pazienti possono usufruire nel loro vissuto quotidiano. Ancora di più fanno quei programmi di engagement che, a partire proprio dalla confezione, danno al paziente la possibilità di iscriversi a piattaforme con percorsi specifici finalizzati a migliorare la qualità di vita e l’aderenza alla terapia. Fornire questo tipo di esperienza, anche in ottica “edutainment”, può essere una grande opportunità per il paziente, così come può essere una grande opportunità per il medico che può avvalersi di un alleato in più nella gestione qualitativa, emotiva e partecipata del paziente.
Qui di seguito potete vedere una presentazione video di un progetto che abbiamo realizzato e presentato ai Digital Awards di quest’anno: il primo programma di engagement del paziente, con il supporto del medico, scientificamente testato, che migliora la qualità di vita e l’aderenza alla terapia.
2. Migliorare la comunicazione con il paziente
Il viaggio digitale del paziente, sempre alla ricerca di informazioni su patologie, centri di eccellenza, pareri e commenti su questo o quel medico, è ormai una prassi. Ciò che una volta era il passaparola limitato e circoscritto a specifiche aree ora si è trasformato in una gigantesca babele dove si trova di tutto. Portali, app e community online dei pazienti sono sempre più comuni. Quello che ancora manca è una formazione specifica del medico in termini di gestione del paziente web addicted. Costruire il futuro della professione, aggiungendo all’aggiornamento professionale una formazione specificatamente rivolta all’alfabetizzazione del medico per la gestione del paziente 2.0 o del caregivers 2.0, può rappresentare un’opportunità per la comunicazione marketing delle aziende e, dunque, per migliorare la relazione con il medico. Dalle fake news all’indicazione dei centri di eccellenza, alle keywords di patologia, il web offre al medico più opportunità di interagire con la sua platea di quanto questi riesca a immaginare. Quando lo studio medico tornerà al centro del villaggio, sarà un vantaggio per tutti.
3. Migliorare la diagnostica e l’analisi dei dati
Ciò che troviamo largamente descritto nei libri o nei film di fantascienza, cioè “esseri umani” interconnessi con le strumentazioni diagnostiche o curati con trattamenti ultra personalizzati, non è poi così distante dalla nostra vita reale. Prendiamo ad esempio gli smartphone, da quando è stata industrializzata la misurazione di molti parametri attraverso i dispositivi mobili con app di diversa natura, la possibilità di gestire in toto il paziente con tutta la sua sintomatologia, non risulta poi così fantasiosa: è un fatto accertato che con lo smartphone si ha accesso a una quantità di dati affidabili e in tempo reale. Dalle cartelle cliniche elettroniche alla capacità di lettura e analisi dei big data, il principio di “patient empowerment” oggi è sempre più centrale.
Watson Health Cloud, ad esempio, creata nel 2015 in collaborazione con Apple, Johnson & Johnson e Medtronic, ha da tempo imparato la lezione e analizza i dati provenienti dai dispositivi personali, dai dispositivi medici collegati, gli impianti e altri sensori per suggerire agli specialisti alcune importanti evidenze finalizzate a migliorare o personalizzare i trattamenti. Ma non solo, si potrà presto riuscire – incrociando i dati raccolti – a scovare segnali di malattie rare per diagnosticarle in tempo o per capirne meglio i meccanismi soggiacenti. Insomma, l’analisi dei dati dei pazienti è un campo che dovrà essere sempre più presidiato dal settore farmaceutico e in cui le aziende dovranno tenere il passo, soprattutto quando si tratterà di dimostrare il valore di questa o quella opzione terapeutica.
4. Rinnovare e attualizzare la relazione azienda-medico
Sono sempre più numerose le aziende farmaceutiche che utilizzano la tecnologia digitale nella relazione ISF/medico: i sistemi CRM, infatti, possono offrire una moltitudine di vantaggi, sia per l’informatore che può profilare i suoi medici in ogni dettaglio professionale e gestire simultaneamente – ma con più facilità rispetto al vecchio Visual cartaceo – anche diversi brand, sia per il medico che può anche lui ottenere in breve tempo gli approfondimenti scientifici necessari al suo specifico interesse. Le società tecnologiche che hanno investito per strutturare delle tecnologie idonee a questo tipo di business oggi raccolgono i frutti del loro lavoro (si pensi a Veeva, Agnitio, Skura, ecc.).
Anche se il punto cruciale non riguarda tanto il mezzo, ovvero il canale che si utilizza, quanto invece il contenuto, il messaggio che dà forza alla relazione e quello che crea fiducia, stima e empatia tra ISF e medico.
Su questo versante, almeno per ora, non molto sembra cambiato.
5. Professionista o imprenditore? E perché non entrambi?
Perché il medico non dovrebbe avere una propria identità digitale e un suo esclusivo canale di comunicazione diretto alla comunità presso la quale opera?
Non ha molto senso, infatti, per alcune categorie di professionisti (come ad esempio i ginecologi, i pediatri, gli oftalmologi, specialisti cioè che “presidiano” il territorio e hanno un ruolo cruciale per la popolazione) trascurare un potenziale bacino di utenza; quello che, per intenderci, ha intorno al suo studio medico.
Come già detto prima, i pazienti cercano continuamente informazioni e medici, centri di cura e servizi sul web. Non essere in rete – o esserci nel modo sbagliato – potrebbe rappresentare alla lunga uno svantaggio. E allora perché non definire una strategia più vicina al concetto di “imprenditoria professionale”? Ciò che le aziende farmaceutiche dovrebbero cominciare a programmare dovrebbe andare in direzione di una fornitura sistematica di moduli formativi, con specifici approfondimenti dedicati al “personal branding” e tematiche affini.
Quest’attività, in aggiunta alla canonica formazione professionale via ECM, potrebbe risultare estremamente utile al medico che attualizzerebbe la sua professione; ma non sarebbe male neanche per le aziende farmaceutiche che, in ottica di fidelizzazione e consolidamento della relazione con il medico, potrebbe proporsi come alleato a tutto tondo.
Vanni Vischi
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