I ‘buoni propositi’ del digital per il 2020. Sono diversi: innanzitutto l’impegno dei social per il nuovo anno, di TikTok compreso, è dichiarare guerra alle Deepfake news. Ovvero frenando, in particolare, la diffusione di video fasulli creati per manipolare la realtà con la tecnica del ‘deep learning’, una procedura di apprendimento delle intelligenze artificiali, in grado di rendere “fakes” qualsiasi contenuto. Confrontando il 2° semestre del 2018 con il 1° semestre del 2019, le menzioni sulle notizie false sono scese del 10,2%; merito anche dei miglioramenti implementati da brand e dalle piattaforme social. Ma c’è ancora molto lavoro da fare in questa direzione. Dall’altro i social intendono tutelare la data privacy, proteggendo i dati sensibili, un obiettivo non sempre raggiunto nonostante l’introduzione della GDPR. Infatti se da un lato i consumatori diffidano nel lasciare i dati personali al brand, dall’altro sarebbero disposti a farlo in cambio di servizi più personalizzati, di maggior chiarezza nel trattamento dei loro dati con un aumento delle regolamentazioni a tutela e di un atteggiamento proattivo da parte delle principali piattaforme social. Attenzioni che ricadrebbero anche sulla maggior fiducia nei confronti dei marchi stessi. Una ‘preoccupazione’, quella della data privacy, che trova riscontro nel fatto che, stando alle stime dei primi 6 mesi del 2019, il 39% delle menzioni sulla privacy dei dati proveniva dalle notizie, dalle trasmissioni televisive e radiofoniche e dai blog.

L’Intelligenza Artificiale (IA). Sta prendendo piede nelle politiche di investimento di molti brand che vedono in essa diversi vantaggi: la possibilità di velocizzare le attività di marketing, secondo il concetto di marketing automation, di migliorare la gestione dei dati, di rendere più soddisfacente l’esperienza degli utenti sui vari touchpoint, primo fra tutti i chatbot. Ma non solo, le IA consentono di fare della tecnologia un uso anche più creativo. 

La Digital Trasformation. Ci si sta sempre più avviando verso una evoluzione del digitale e questa trasformazione impatterà anche sul business, anche in ambito healthcare, che potrà impiegare le nuove tecnologie per puntare a tre obiettivi: migliorare l’esperienza del cliente (compreso quella del paziente), facilitare i processi aziendali e/o di accesso alle cure, incrementare i profitti e ottenere il meglio dalle risorse sanitarie. Un processo che è dettato da una dinamica di data-driven che raccoglie i dati a disposizione, orientandoli verso i target o gli obiettivi preposti. 

#DigitalDetox. Occorre però imparare a gestire i social consapevolmente, specie quando si parla e si tratta di Social Media Wellness, il cui centro di interesse è la salute, ambito nel quale è necessario creare “engagement”, un coinvolgimento tra brand e utente. Cresce, infatti, anche tra i non addetti ai lavori la consapevolezza del potere impattante dei social media sulla salute, compreso quella mentale. Sono ben noti i casi di ‘dipendenza digitale’ da parte di utenti, soprattutto giovani, come hanno testimoniato anche gli stessi social, Twitter in testa (64% circa) titolando diversi notiziari. Il fenomeno ‘da dipendenza’ è riconosciuto anche dagli utenti che stanno avviando a livello individuale azioni per ridurre le ore di presenza online. Ad esempio #DigitalDetox sta divulgando importanti messaggi invitando all’’equilibrio’ dell’uso dei social per tutelare il benessere psicologico, l’aspetto su cui maggiormente impatta l’uso sfrenato degli strumenti digitali.  Questo significa che i brand devono cominciare a selezionare meglio i contenuti, modellare i post e i comportamenti sui social in base alle richieste dell’audience orientandosi più all’engagement che non ad azioni di puro marketing”. Un comportamento utile a limitare anche la diffusione delle fake news e a proteggere la digital privacy.

La privacy: un aspetto da non sottovalutare neppure dai marketer. Mettere a rischio la sicurezza dei dati dei clienti potrebbe arrivare a distruggere un brand. Dunque l’impegno delle aziende come pure dei marketer dovrà essere quello di sapere bilanciare con oculatezza il sottile equilibrio tra la privacy dei dati e la personalizzazione dell’informazione. Infatti, sebbene le aziende vogliano/debbano fare targeting mirato a una specifica utenza, è diventato indispensabile affidarsi alla raccolta di dati di terze parti quali tuttavia non vengono ottimamente finalizzati per insight più approfonditi o l’integrazione con piattaforme pubblicitarie digitali causa di inadeguate infrastrutture. In una logica di tutela della privacy è ipotizzabile pensare che la messaggistica acquisterà un ruolo sempre maggiore nel modo di comunicare; un aspetto da gestire e studiare meglio anche sugli strumenti social, anche attraverso la creazione se necessario di nuove opzioni tecnologiche per agevolare il processo e migliorarne il rendimento.

Realtà aumentata (AR) e realtà virtuale (VR). Sono entrambe in crescita: hanno infatti raggiunto oltre 13M di engagement nella prima metà del 2019, lo 0,5% in più rispetto al 2° semestre del 2018, di cui il 5% in conversazioni di marketing. Più specificatamente, in rapporto al 2019, si stima che nel 2020 la VR e l’AR potranno ottenere una percentuale di menzioni rispettivamente 8,6 e 7,03 volte superiore nelle conversazioni sui trend, merito anche all’ascesa del 5G e di dispositivi dotati di tecnologie come le lenti con profondità 3D, che ne favoriranno l’ulteriore decollo nel 2020. Un trend ipotizzato in via di sviluppo anche all’interno di app e canali social: le previsioni confermerebbero che nel prossimo anno la AR e la VR verranno utilizzate anche dai marketer per amplificare l’esperienza degli utenti e “fare gamification”.  Si stima che il 2020 amplificherà potere e potenzialità, anche comunicazionali, dell’AR e della VR nelle quali i settori servizi sanitari ed educativi rappresentano la maggiore sfida.

L’intelligenza artificiale (IA). L’apprezzamento è ancora in ‘fase di discussione’: se da un lato solo nel 1° semestre del 2019 l’IA ha raccolto oltre 4,7 milioni di menzioni, raddoppiando i numeri dei mesi precedenti, dall’altro il 50% registrava percezioni non totalmente positive anche da parte degli stessi marketer. Un dato tuttavia, che sembra in controtendenza da giugno 2019 con commenti che cominciano a rilevare il valore dell’IA percepito dall’utenza specie riguardo la possibilità di gestire e affidare mansioni automatizzate alle macchine, dando più spazio a lavori che solo l’uomo è in grado di compiere. L’utenza, dunque, sta perdendo a poco a poco l’avversione verso la tecnologia vista con timore fino a qualche tempo fa: un rapporto del 2017 asseriva infatti che l’automazione avrebbe messo a rischio 800 milioni di posti di lavoro, ora “le previsioni fanno pensare che l’IA cambierà il 100% entro 10 anni le opportunità e le modalità degli impieghi”, ha dichiarato Ginni Rometty CEO di IBM. Dunque, secondo i marketer, le tecnologie IA sono un ‘investimento’ necessario per velocizzare i risultati di marketing, migliorare l’esperienza dei clienti. Ad esempio attraverso l’uso di chatbot che consentono di assistere l’utenza H24, 7 giorni su 7. I chatbot attualmente registrano un gradimento di oltre il 57%, ben superiore a qualsiasi altra tecnologia IA. Ma non solo, l’IA consentirà di elaborare una mole di dati sempre crescente, di avere una percezione ‘real time’ delle esigenza della clientela/utenza sulle quali poi sviluppare soluzioni, formule e modelli in grado di soddisfarle in breve tempo. Un fenomeno, quello dell’IA, che non va inteso come sostituto del contatto diretto e a tu-per-tu con l’utenza, ma come l’integrazione di un rapporto sempre più saldo e consolidato, migliore fra brand e cliente. Insomma il paradigma con cui il marketing è chiamato a misurarsi sta radicalmente cambiando, nel rispetto di alcuni chiari obiettivi: l’ottimizzazione dell’automazione del marketing e dunque anche delle entrate, la personalizzazione individuale dei contenuti, la “centralità del paziente”. Obiettivi raggiungibili con l’attenta valutazione della quantità di dati disponibili e la targetizzazione mirata alle differenti classe di consumatori/utenti.

Più ‘visual’ e meno testuale. Sono queste le conclusioni che sembra poter trarre per la comunicazione digital del 2020, stante che scegliere il ‘visual’ ha un ulteriore vantaggio. Infatti con video analytics, in funzione anche degli obiettivi precedentemente detti, sarà possibile rilevare il 300% in più delle menzioni del brand rispetto al solo monitoraggio dei testi. Ovvero in un trend comunicazionale sempre più orientato a video immagini e a strumenti dedicati, quali Instagram e TikTok, l’analytics delle immagini applicata al social listening consentirà di percepire come il brand è ‘sentito e sfruttato’ dall’utenza. Anche a favore di risultati di marketing e di mercato sensibilmente migliori.

 

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