Nel post pubblicato lo scorso 10 di Agosto sul blog ufficiale, il fondatore e leader di Google Larry Page ha annunciato un cambiamento all’interno della società che, all’apparenza, sembra riguardarne solo il nome. A una lettura più attenta, però, tra le pieghe del nuovo vestito che vedrà la società trasformarsi in una holding e prendere il nome di Alphabet, si capisce che siamo di fronte a una ridefinizione sostanziale del peso relativo dei vari ambiti commerciali con intenzioni molto chiare per quanto riguarda l’healthcare.

Il percorso pensato da Page non prevede assolutamente l’abbandono del mondo di internet, il terreno dove la società si è conquistata la posizione di leader incontrastato, ma vuole dare la possibilità a tutte le attività collaterali avviate con successo in questi undici anni, di acquisire la dignità, la libertà d’azione e la flessibilità gestionale che solo una società con una propria struttura può avere.

L’evoluzione da Google ad Alphabet è il salto di qualità che permetterà a ciascuna delle aziende che andranno a comporre la nuova famiglia, di dare il via a nuovi cicli di progettazione e sviluppo di prodotti innovativi. Per comprendere come ciò sia realmente possibile e come una semplice operazione di cambio di immagine possa garantire un simile “effetto novità” e attrarre l’attenzione del mercato, bisogna avere chiaro che creare una holding non serve solo ad alleggerire casa madre.

Lo scopo di un cambiamento societario di questo genere, infatti, è quello di dare nuova linfa vitale a business units esistenti. Il loro distaccamento dall’organigramma aziendale con l’intento di collocarsi sul mercato in modo indipendente (per quanto il controllo azionario sia sempre ad appannaggio della società nascente che sostituisce l’unica esistente).

Questo disegno, peraltro, è esattamente nel solco di quanto recitavano alcuni passi della lettera/manifesto con cui (11 anni orsono) veniva dato il via alla nascita del colosso e Page li riprende anche nell’incipit del post: “Google non è una società convenzionale, e non è nostra intenzione che lo diventi”; “proveremo anche a fare piccole scommesse o incursioni in aree strane o poco compatibili con quello che è il nostro principale business”.

È stato proprio l’approccio aperto e non convenzionale al mondo della tecnologia e alle sue innumerevoli applicazioni che ha permesso a Google di affermarsi e completare quasi tutto l’alfabeto come ironicamente evidenzia la seguente infografica:

google1

Il passato più o meno recente parla da solo. È sotto gli occhi di tutti, infatti, come molti progetti o acquisti portati avanti in questi anni (Chrome, Maps, YouTube, Android, etc.), si siano rivelati dei successi, abbiano miliardi di utenti e tutto questo sia accaduto nonostante fossero stati etichettati come rischiosi dal pubblico al momento dell’annuncio.

La mossa odierna è altrettanto chiara, le società rimangono sotto l’ombrello di Alphabet, ma avranno un amministratore delegato e degli organi di governo interni. Alphabet non sarà altro che un insieme di tante società di cui Google rimane la principale, risultando un po’ ridimensionata per portarla allo stesso livello di realtà che non si occupano di prodotti web.

Detto in parole semplici, tutti i rami aziendali che prima facevano parte di un’unica entità senza avere un loro ruolo e una idea di futuro precise, emergono in superficie e sono considerati uguali tra loro. Grazie a questa mossa quello che è stato lo storico interesse di Google per il settore della salute acquisisce una sua dimensione e degli obiettivi chiari.

In passato, Page e Brin hanno ammesso più volte che i loro investimenti nell’healthcare erano prioritari ma spesso condizionati dalle barriere in entrata al mercato costituite dalle questioni regolatorie. Ora l’avvento di Alphabet è una sorta di punto di non ritorno dopo il quale da ambiti come quello sanitario non ci allontana più e dai quali ci si aspettano grandi risultati.

Due esempi su tutti (e sono anche quelli che Page ha voluto portare a sostegno della propria visione nel post) sono queste realtà che vi andiamo a descrivere:

  • Life Sciences, inizialmente team operante all’interno di Google X, diverrà un’azienda che si occupa di concepire e progettare prodotti diagnostici che prevedano l’uso di nano-sensori / -particelle. Per citare due contesti, sta lavorando alle lenti a contatto in grado di misurare il livello di zuccheri e su micro dispositivi per monitorare il battito cardiaco;
  • Calico, azienda che porta avanti programmi della ricerca e sviluppo nel campo della longevità. L’obiettivo primario è capire i meccanismi biologici che governano la durata della vita.

La prova di come questi progetti stessero diventando molto più che un diletto, come è successo per molti dei voli pindarici fatti da Google nel mondo della medicina (Google Glass?), viene dagli investimenti fatti nell’ultimo anno per  cercare del personale qualificato  e dai dati sui finanziamenti che il vice-presidente e responsabile finanziario del team Life Sciences ha snocciolato alla riunione di chiusura del secondo trimestre.

Oggi come oggi, questo significa che queste società non sono solo considerate delle fonti di risultati economici sicuri nel lungo termine, ma anche il ritratto di un cambio di paradigma secondo cui la ricerca in campo biomedico assume una nuova importanza nella galassia Google.

Esistono però anche altre aree di studio cui viene dedicata molta attenzione, dalla genomica ai tessuti artificiali, dai dispositivi per l’individuazione o la terapia mirata del cancro sino a quelli concepiti per rendere più normale la vita alle persone con malattie neurodegenerative.

In pratica, davanti a noi abbiamo un futuro in cui gli sforzi targati Google per la prevenzione, la diagnosi, la convivenza con una patologia, se non addirittura la comprensione dei suoi meccanismi d’insorgenza saranno ingenti.

In più, l’iniziale (e forse smisurata) ambizione di alcuni tra i team di Google X Labs che erano nati per affrontare e risolvere le questioni più importanti per la salute umana, sembra aver trovato un volto preciso e degli obiettivi concreti verso cui canalizzare le energie.

Concretezza è la parola d’ordine, soprattutto sul piano economico. L’operazione di scorporo non interromperà, almeno all’inizio, il flusso di denaro da parte di Google, ma i diversi marchi non godranno più della protezione che si dà alle start-up nel periodo di incubazione.

Ciò le esporrà molto di più alle incursioni degli speculatori che vogliono sondare dove l’azienda stia andando e la qualità delle scelte strategiche che ha fatto, eventualità che è quasi all’ordine del giorno in un mondo difficile come quello dell’industria biotecnologica.

Avendo come angeli custodi e consiglieri Page e Brin (il cui valore economico è stimabile attorno ai 33 miliardi di dollari ciascuno) è probabile che Calico, Life Sciences, Google X Labs e le altre sorelle possano godere di una maggiore tranquillità, ma non è certo fino a quando.

L’auspicio collettivo è di ritrovarsi a dover scrivere un articolo tra qualche anno, cicli storici in campo biotech si saranno aperti e chiusi, alcuni risultati in termini di farmaci e diagnostica ai quali si guarda con speranza oggi saranno acquisiti e si potrà serenamente costatare che la scelta fatta oggi dai due visionari di internet è stata ancora una volta quella giusta.