I giovani d’oggi hanno un rapporto con la tecnologia che definiremmo quasi simbiotico. È sotto gli occhi di tutti, infatti, la loro forte propensione a prendersi carico della propria salute mediante strumenti digitali sebbene si limiti al controllo della propria forma fisica e al monitoraggio di alcuni parametri vitali. In parallelo, si assiste a un uso frequente di internet nella scelta del medico, nel gestire gli appuntamenti e comunicare direttamente con lui. Nonostante questi presupposti la tecnologia non è ancora riuscita a ritagliarsi un ruolo di effettivo supporto nei confronti dell’attività medica. Come mai?

Nell’articolo precedente abbiamo cercato di indicare alcune caratteristiche che differenziassero tra di loro le varie fasce d’età nella capacità di ricevere le informazioni in base al loro background culturale e al rapporto con i vari canali di diffusione dei contenuti. In questo articolo, invece, cercheremo di capire come le differenti abitudini delle singole generazioni di clinici possano avere un loro impatto sull’healthcare e quale sarà il ruolo del digitale.

Per prima cosa, andremo a descrivere quelli che sono i valori delle singole generazioni e i principi cui si ispirano nel loro agire quotidiano, in modo da poter avere dei riferimenti utili per una migliore comprensione del comportamento dei clinici che appartengono a ciascuna di esse.

Una ricerca di mercato svolta di recente, i dati degli studi pubblicati su riviste come il Journal of Applied Social Psychology e il Journal of Management e l’attività di aggiornamento dell’Associazione Americana dei Medici di Famiglia, hanno reso possibile tracciare i seguenti profili:

  • Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964) sono noti per la loro forte etica lavorativa e la capacità di legarsi a una singola azienda/organizzazione nel lungo periodo. Sono più che disponibili a mettere in discussione l’equilibrio casa-lavoro a favore del successo professionale, dei riconoscimenti e della sicurezza finanziaria.

In ambito salute costituiscono la porzione più longeva in esercizio (fatta eccezione per una percentuale minore di soggetti che appartengono alla generazione anteriore), hanno un’età compresa tra i 40 e i 70 anni e sono i clinici con la maggiore esperienza.

Hanno un’etica molto forte e hanno speso molto della loro carriera per raggiungere delle posizioni di responsabilità. Il lavoro per questi individui è fondamentale, rafforza l’autostima e contribuisce al senso di appagamento personale. Lo status e la gerarchia hanno un grosso valore, ma la carriera deve essere stata comunque spesa per lasciare un segno: se il loro operato non avrà un legame con la crescita dell’organizzazione tutto sarà stato inutile.

  • I membri della Generazione X (nati tra il 1965 e il 1983) sono i primi che non hanno grandi difficoltà a cambiare posto di lavoro e non si immaginano neanche lontanamente come dipendenti della medesima azienda per tutta la loro carriera. Sono decisamente orientati verso uno stile di vita in cui lavoro e famiglia trovano un equilibrio senza che la ricerca del benessere finanziario prenda il sopravvento.

Cresciuti in un momento storico di profonda stabilità economica, sono delle persone profondamente indipendenti, la cui educazione è alta, dotati di un notevole senso della famiglia e dell’amicizia. Hanno assistito alla diffusione di patologie molto gravi come l’AIDS e di epidemie infettive di vario tipo. Danno grande importanza all’aggiornamento e alla necessità di mettersi in discussione ogni giorno nella pratica clinica.

Non disdegnano il lavoro d’equipe, sono collaborativi e non reputano corretti in alcun modo processi decisionali in cui vi siano implicazioni gerarchiche. Disponibili al confronto e a cambiare la propria opinione a 360°, non accettano un’ipotesi a priori senza porsi delle domande.

Si trovano a loro agio nei confronti del digitale o quando devono relazionarsi alla globalizzazione che investe sempre di più l’ambito healthcare. Mostrano, infatti, di avere meno difficoltà nell’inserirsi in ambienti lavorativi multiculturali rispetto alle generazioni precedenti.

  • I Millenials (nati dal 1984 in avanti) desiderano lavorare per più realtà e spingono la loro ricerca verso le opportunità di tipo multinazionale e/o globale che gli permettano di conoscere nuove culture. Non hanno alcun timore di dover lavorare alacremente, ma tengono molto anche a preservare quella flessibilità nella gestione del tempo che gli consenta di avere una vita privata.

Sicuri di sé, pratici e creativi, sono persone che si pongono sempre degli obiettivi ambiziosi. Sono molto attenti ai temi ambientali e, nello stesso tempo, a questioni come la diversità culturale e la veridicità delle informazioni (soprattutto se si tratta dei contenuti per le campagne di marketing).

Cresciuti nell’era dell’informazione accessibile in ogni momento e attraverso una moltitudine di mezzi, danno molto valore ai vantaggi che la tecnologia può apportare nella loro quotidianità. Abituati a lasciare un segno, in qualunque contesto non desiderano rimanere troppo tempo senza che si parli di loro e ritengono che il loro parere debba essere preso in considerazione quando vi sono decisioni rilevanti da prendere sui progetti su cui hanno lavorato.

Rispetto alle altre due generazioni ritengono fondamentale essere valutati per obiettivi raggiunti più che per il tempo che hanno effettivamente speso per portare a termine l’incarico, hanno un forte spirito imprenditoriale che li porta a lavorare in contesti efficienti, veloci e basati sul lavoro di squadra, non disdegnando nemmeno qualche avventura in proprio.

La maggior parte dei medici baby boomers ha sacrificato la sua intera carriera lavorando da solo alla realizzazione di un unico progetto, di solito di uno studio privato, in grado camminare con le proprie gambe per essere rilevato dalle nuove leve una volta raggiunta l’età della pensione.

Quest’ultimo proposito, purtroppo, è stato disatteso dai più giovani che sembrano preferire sempre di più delle posizioni come dipendenti negli ospedali o nelle organizzazioni che forniscono servizi in ambito salute (non intraprendendo, spesso, quel cammino di studi di pratica clinica che ne farebbe dei veri medici).

Quanto rilevato, contraddice solo in apparenza il ritratto generazionale fornito in precedenza che vedeva la generazione dei millenials paladina dell’imprenditorialità. La scelta di lavorare come dipendenti garantisce loro la possibilità di gestire il proprio tempo a favore della vita privata, ma, trattandosi di dinamiche notoriamente poco flessibili, non correrebbero il rischio di sentirsi soffocati dal sistema?

Una prima via d’uscita vede i giovani dottori orientarsi verso le posizioni di leadership all’interno delle istituzioni sanitarie (le uniche a garantire loro libertà d’azione), anche se non è ancora chiaro come riusciranno a convivere con le frustrazioni prodotte dalla burocrazia e dalla complessità nel funzionamento che contraddistinguono questi contesti.

Una seconda soluzione prevede, invece, il gioco di squadra seguendo quello che è il modello delle Accountable Care Organizations (ACO) istituite dalla riforma strenuamente voluta negli USA dal presidente Obama. In queste realtà, clinici e professionisti della salute hanno la possibilità di associarsi volontariamente al fine di garantire un servizio di alta qualità.

Più che dal punto di vista delle prerogative professionali, il gap generazionale si rivela essere più marcato nel grado di confidenza con la tecnologia dovendo, inevitabilmente, far fronte a una platea di pazienti che non disdegna l’utilizzo di mezzi virtuali per gestire il proprio percorso di cura.

I Baby Boomers sono tra i medici più resistenti perché abituati a interfacciarsi in modo diretto con l’assistito e timorosi del fatto che l’inserimento della tecnologia possa avere delle conseguenze negative in termini di errori da entrambe le parti con esiti non prevedibili sulla cura.

La generazione X abbraccia favorevolmente quelli che sono i vantaggi in termini di flessibilità permessi dalla tecnologia ed è molto meno restia a utilizzarla essendovi entrati in contatto durante la formazione o nei primi anni di esercizio della professione. Unico neo il fatto che l’essere reperibili va di pari passo con il non poter interrompere mai di lavorare anche al termine della giornata/turno.

Riguardo ai Millenials ogni considerazione è già stata fatta essendo nati nell’era dei social media. Più che altro sorge spontanea una domanda: “Quanti professionisti della salute di domani saranno dei veri e propri dottori?”. Come già accennato, molti di essi potrebbero seguire l’attuale tendenza, che ha preso piede oltreoceano, di non proseguire negli studi che faranno di loro dei clinici e dedicare le proprie idee ed energie allo sviluppo di tecnologie sempre più al servizio della salute.

Considerando l’ambito ospedaliero, per alcuni anni Boomers, Generazione X e Millenials dovranno lavorare fianco a fianco e saranno essenzialmente tre le variabili con cui dovranno confrontarsi: evoluzioni/riforme del sistema sanitario, nuove tecnologie e necessità di rendere le cure più attente alle necessità reali di ogni singolo paziente.

Indipendentemente dalla sua età/esperienza, ciascun medico dovrà aiutare ogni suo collega nella presa in carico dei pazienti o mettendo al servizio le competenze che ha sviluppato in ambito aziendale per contribuire alla crescita dell’intero sistema.

La posta in gioco è alta, solo il tempo potrà svelare la direzione verso cui andrà l’assistenza di domani.