Trasparenza, informazioni complete e aggiornate, coinvolgimento e condivisione. Ecco cosa cercano i pazienti e chiedono all’intera filiera della salute, comprese le istituzioni, i professionisti e l’azienda farmaceutica. Per poter soddisfare questa richiesta Big Pharma deve cambiare mentalità e mettere al centro l’interesse e il bisogno del paziente e non il prodotto. In altre parole COLLABORARE, lavorare insieme.

Ecco 4 spunti che ci aiutano a delineare l’identikit del paziente di oggi.

Empowerment

Il primo spunto proviene dal pensiero di  Andrew Shorr, presidente e fondatore della community di pazienti oncologici  Patient Power che in un’intervista rilasciata a Hugh Gosling e George Underwood di PharmaTimes (qui puoi leggere l’articolo originale “Ghost in medicine“), ha dichiarato:

«La trasparenza ci consente di capire cosa funziona e cosa non funziona. Informazioni complete e aggiornate sulla malattia e sui trattamenti e condivisione dei risultati raggiunti. Questo ci aiuta ad avere speranza e fiducia nella medicina e nelle cure. Coinvolgimento, non solo come utenti finali di un prodotto, ma come attori protagonisti di un percorso nel quale possiamo portare il valore e l’unicità della nostra esperienza diretta in tutte le fasi, anche le più precoci».

Autorevolezza

Autorevolezza e “power” sono le caratteristiche che emergono dalla frase di chiusura al post  “Epatite C, da cavia a paziente: sono guarita!” in cui Gloria Vanni racconta la sua storia di paziente affetta da epatite C di  grado severo e del suo percorso di guarigione che passa attraverso la partecipazione a studi clinici e all’assunzione dei nuovi farmaci antivirali:

«…Scusa la lunghezza di questo post: è un concentrato di 23 anni. Spero di esserti stata utile. Se hai un dubbio, anche piccolo, se ti senti stanco/a, chiedi al tuo medico di prescriverti i test anti-HCV e HCV-RNA. Fai gli esami e prenditi cura di te! E se hai bisogno di altre informazioni, sono qui! Buona vita a te e a chi ti ama».

Partecipativo

Altro spunto utile per l’identikit del paziente moderno proviene dalla community di  Facebook “I curati a metà (malati di artrite reumatoide)” che conta più di 12 mila iscritti e che si presenta come “…un gruppo sull’artrite reumatoide ed altre malattie autoimmuni. … a favore delle terapie tradizionali…”
Community Facebook di pazienti affetti da artrite reumatoide

Digitale

In fine il mondo digitale. Secondo quanto riferito nel whitepaper redatto da McKinsey, Wharton e Google “Pharma 3D-rewriting the script for marketing in the digital Age“, dal 2011 le ricerche sul web correlate alla salute sono cresciute ogni anno del 15% circa. Secondo un’indagine condotta da Decision Resources Group, nel 2015 il 43% dei pazienti ha cercato informazioni mediche prima di andare dal dottore, il 72% dei pazienti affetti da una patologia oncologica, cardiologica o diabete aveva cercato informazioni sulla propria condizione alla comparsa dei sintomi, il 60% dei pazienti ha cercato conferme a quanto diagnosticato o suggerito dal medico

Assetato di informazioni

Consapevole, autorevole, partecipe e digitale, il paziente moderno non è più disposto ad accettare passivamente, ma vuole prendere parte al processo decisionale che riguarda la sua malattia e sentirsi coinvolto. L’informazione non è più a senso unico a cascata dal medico al paziente, ma si muove in modo più “fluido”. Il paziente si informa in modo autonomo e, condividendo la sua esperienza (pensiamo anche ai Forum tematici) contribuisce a costruire “cultura” sulla malattia e il percorso di cura.

Cosa può fare l’azienda farmaceutica?

Il cambio culturale è un MUST a cui l’azienda farmaceutica non può sottrarsi, pena l’esclusione, la caduta della credibilità e dell’autorevolezza con conseguenze non solo in termini di vendite, ma anche e soprattutto di salute delle persone.

In sostanza, engagement del paziente

Engagement è una parola molto utilizzata e molto ambita nell’era digitale, che indica il coinvolgimento attivo dell’interlocutore. L’engagement misura il successo del messaggio condiviso con il pubblico e ha lo scopo di creare “legami” forti tra il brand e i suoi “fan” (tra l’azienda e i pazienti, nel nostro contesto) fino a convertirli in clienti o almeno creare un livello di fiducia tale che l’utente possa consigliare il brand ai propri amici attivando uno dei più potenti mezzi, del marketing, quello del passaparola.

Come fare a ingaggiare i pazienti?

Come  ben descritto nel whitepaper redatto da McKinsey, Wharton e Google “Pharma 3D-rewriting the script for marketing in the digital Age” l’azienda farmaceutica ha uno strumento potentissimo a sua disposizione per ingaggiare il paziente, il digitale, utilizzato per almeno un’ora al giorno da 23 milioni di italiani (dal repot Audiweb-novembre 2016 che puoi sfogliare sotto). Inoltre, almeno una query su 20 inviata a Google riguarda la salute.

Capire il paziente digitale, i micromomenti

La tecnologia mobile sempre più diffusa, e sempre più utilizzata, ha modificato il processo decisionale dei consumatori (e anche dei pazienti) dal modello “vado in internet” a “sono su internet” (siamo sempre collegati). L’azienda deve pertanto inserirsi nei cosiddetti micromomenti, ovvero i momenti in cui i pazienti usano un dispositivo elettronico per trovare la soluzione a un bisogno specifico in un momento specifico.

I micromomenti rispondono a singole necessità: ” voglio sapere, voglio andare, voglio fare, voglio imparare, voglio comprare, …voglio sentirmi bene, …”, ben descritti in questo video.

Altra caratteristica dei micromomenti, conseguente alla tecnologia mobile, può essere riassunta con la parola “sempre”, ovvero in qualunque momento e in qualunque luogo. Proprio per questo l’utente si aspetta una risposta al suo bisogno in tempo reale. Ricordiamoci che l’82% di coloro che usano lo smartphone consulta il proprio telefono quando sta per effettuare un acquisto in un negozio, il 20% dei pazienti cerca informazioni sulla salute mentre è in ambulatorio dal medico (rapporto Decision Resources Group 2015).

Dall’ascolto e centralità del paziente, solo vantaggi

Mettere al centro della propria strategia l’interesse del paziente conviene, anche dal punto di vista della profittabilità. A sostenerlo i risultati dell’Aurora Project: Pharma’s Global survey on patient centricity (EyeforPharma) che ha raccolto il parere di oltre 2300 interlocutori dell’azienda farmaceutica provenienti da 84 Paesi:

«La centralità del paziente è un obiettivo a lungo termine e come tale porta vantaggi a lungo termine. E’ però fondamentale che il focus sul paziente non sia l’iniziativa di un singolo reparto, ma rappresenti invece una strategia diffusa in tutta l’azienda e tra tutti i ruoli».

ECCO ALCUNI VANTAGGI raccolti da Gosling e Underwood nell’articolo pubbicato su PharmaTimes:

  • Identificazione più mirata del farmaco o del servizio da sviluppare, che si traduce in maggiore possibilità di successo e minori sprechi. Il dialogo con il paziente ha ad esempio stimolato LEO Pharma a ricercare e poi sviluppare una formulazione diversa dal consueto unguento per un trattamento indicato nella psoriasi.

FreeStyle Libre, sviluppato da Abbott, è uno degli esempi di prodotti sviluppati per rispondere ai bisogni del paziente diabetico. Si tratta di un sensore (guarda qui il video) che consente di rilevare la glicemia attraverso un lettore tascabile, senza bisogno di punture. In questo modo consente di risolvere i principali “fastidi” del diabetico: la paura della puntura, l’imbarazzo delle rilevazioni in pubblico, il timore delle crisi ipoglicemiche.

  • maggiore partecipazione agli studi clinici, anche nelle fasi più precoci. “Dall’ascolto dei pazienti abbiamo compreso come la reticenza a partecipare agli studi di fase I (controllati con placebo) sia legata alla paura di perdere l’opportunità di provare un farmaco nuovo che potrebbe dimostrarsi efficace o addirittura risolutivo per la loro malattia – ha raccontato Lode Dewulf di UCB a PharmaTimes- Abbiamo così modificato il protocollo dello studio come delayed onset per garantire a tutti i pazienti l’accesso al farmaco in studio, anche se in tempi differenti”.

  • identificazione dei PRO-patient reported outcomes, ovvero endpoint più mirati e vicini alla vita reale del paziente e quindi per lui più comprensibili e misurabili. Con quest’ottica GSK ha utilizzato un biosensore per il monitoraggio del movimento (lo stesso usato nella Formula Uno) per tradurre i miglioramenti e le variazioni radiografiche di pazienti affetti da artrite reumatoide in capacità di muovere il corpo o parti di esso (tempo di reazione, ampiezza del movimento). Nei PRO rientrano anche la qualità della vita, la soddisfazione, le aspettative e prospettive personali. Per un paziente terminale, obiettivo della terapia potrebbe essere raggiungere una tappa importante della sua vita (laurea, matrimonio di un famigliare…), mentre nel caso di una patologia che non mette a rischio la vita, l’obiettivo può essere il ritorno alle attività quotidiane, domestiche o lavorative.

  • migliore aderenza alla terapia. Alla base della migliore adesione alla terapia c’è certamente l’informazione corretta, esaustiva e trasparente di quello che il paziente si deve aspettare da un trattamento sia in termini di beneficio che di effetti collaterali. Un paziente che si aspetta di star bene dopo 2 settimane di terapia (benché questa non sia un obiettivo reale né possibile), se trascorso questo tempo il beneficio non viene raggiunto è possibile che decida di interrompere il trattamento. D’altro canto, è anche possibile che un miglioramento della sintomatologia più rapido rispetto al previsto induca il paziente a non continuare ad assumere il farmaco.